Archivio mensile:gennaio 2017

PREMIO LETTERARIO NAZIONALE “VITULIVARIA” IV EDIZIONE- memorial Gerardo Teni


  L’Associazione Culturale “Viva Mente”
e
il Comune di Novoli
organizzano
Il Quarto Concorso Nazionale
di Poesia e Narrativa
“VITULIVARIA”
memorial Gerardo Teni

Art. 1  Il Concorso è articolato in cinque Sezioni:

Sezione A: “Poesia inedita”. Tema libero. Ogni autore può inviare una poesia di non più di 40 versi, I testi dovranno essere tassativamente inediti fino al giorno della cerimonia di premiazione. Per poesie inedite si fa esplicitamente riferimento a componimenti poetici i quali, rispondenti ai requisiti del presente, non abbiano ricevuto regolare pubblicazione editoriale. Sono da considerarsi inediti i testi pubblicati in rete (blog, siti letterari personali o collettivi, Facebook, Twitter, Google Plus, eccetera) – (carattere Times New Roman; dimensione carattere 12);

Sezione B: Poesia inedita a tema obbligato: “La musica nel cuore” – la parola e la nota – linguaggio del cuore. Ogni autore può inviare una poesia di non più di 40 versi. I testi dovranno essere tassativamente inediti fino al giorno della cerimonia di premiazione. Per poesie inedite si fa esplicitamente riferimento a componimenti poetici i quali, rispondenti ai requisiti del presente, non abbiano ricevuto regolare pubblicazione editoriale. Sono da considerarsi inediti i testi pubblicati in rete (blog, siti letterari personali o collettivi, Facebook, Twitter, Google Plus, eccetera) –  (carattere Times New Roman; dimensione carattere 12);

Sezione C: “Racconto breve inedito in lingua italiana a tema: “La poesia è la memoria bagnata dalle lacrime. La musica è la memoria del mare[1]. Ogni autore può presentare 1 opera di narrativa (massimo 5 cartelle, 2000 battute a cartella, spazi inclusi, carattere Times New Roman, corpo 12 – per cartella si intende foglio formato A4);

Sezione D: “Poesia inedita in lingua italiana – speciale scuole”. Tema libero. Possono partecipare gli allievi delle scuole secondarie di secondo grado. Sono ammesse poesie di non più di 36 versi. (partecipazione gratuita). (carattere Times New Roman; dimensione carattere 12);

Sezione E: “Poesia inedita in lingua italiana – speciale scuole”. Tema libero. Possono partecipare gli allievi delle scuole secondarie di primo grado. Sono ammesse poesie di non più di 36 versi. (partecipazione gratuita). (carattere Times New Roman; dimensione carattere 12).

È ammessa la partecipazione a una o più sezioni. Il testo dovrà essere in lingua italiana.   Ai fini del controllo battute, i testi dovranno essere presentati anche in formato elettronico,  inviando il file come allegato, all’indirizzo di posta elettronica:     concorsopoesianovoli@virgilio.it
entro il termine di scadenza del concorso; nell’e-mail, che come oggetto avrà “Quarto Concorso Nazionale di Poesia “Vitulivaria”, il  concorrente dovrà riportare i propri dati e la data di spedizione della busta con il materiale  cartaceo.

Art. 2   Ogni concorrente, oltre all’invio per posta elettronica, dovrà far pervenire cinque copie anonime, dattiloscritte, del testo poetico o narrativo, recanti su ognuna il titolo dell’elaborato e la sezione per cui concorre. Le copie non devono indicare dati personali né riferimenti al suo curriculum letterario e devono essere inserite in una busta sigillata, contenuta all’interno di un plico da spedire attraverso la posta prioritaria ordinaria entro e non oltre il 12.02.2017 (farà fede il timbro postale) all’indirizzo: Quarto Concorso nazionale di Poesia “VITULIVARIA” –  Via XXIV Maggio n.24 – 73051, Novoli (LECCE).

Art. 3 Nel medesimo plico postale deve essere inserita la scheda di adesione, inserita nel presente bando, completa dei dati personali e dell’autorizzazione al trattamento degli stessi: il nome, il cognome, la data ed il luogo di nascita, l’indirizzo, un proprio recapito telefonico, un eventuale indirizzo di posta elettronica, il titolo delle opere in concorso ed una breve biografia. Per gli autori minorenni, il partecipante deve allegare fotocopia di un valido documento d’identità di uno dei genitori o di chi ne fa le veci, opportunamente firmato. È gradita, ma non obbligatoria, una breve nota biografica dell’Autore. Gli autori premiati saranno contattati al recapito telefonico o di posta inoltrato.

Art. 4   Gli elaborati che risulteranno firmati verranno automaticamente esclusi. La commissione del Premio, è costituita da autorevoli personalità ed esponenti del mondo       della cultura, dell’informazione e della docenza accademica ed universitaria. I componenti della giuria, il cui giudizio è inappellabile e insindacabile, coordinata dalla Presidente del Premio Maria Rosaria Teni, verranno resi noti al momento dell’esito del Concorso. Ciascun commissario di giuria riceverà le opere in forma rigorosamente anonima  e formulerà il proprio giudizio individuale, considerando il contenuto ideale e concettuale  dei testi, oltre che l’elemento lirico e stilistico. Alla suddetta commissione spetta il compito di stilare la graduatoria finale dei vincitori del Concorso e di pronunciarsi sui casi controversi e su quanto non espressamente previsto dal presente regolamento.
Il comitato organizzatore dell’Associazione si impegna a fornire gli elaborati in forma rigorosamente anonima alla commissione del Premio.
La partecipazione al concorso implica l’accettazione del presente bando in ogni sua parte.

Art. 5   La quota di partecipazione per ciascuna sezione, a titolo di contributo e sostegno per le spese di organizzazione e segreteria, è di € 5,00. Le quote possono essere versate secondo le seguenti modalità:

  • in contanti, all’interno di una busta allegata al plico;
  • tramite versamento su conto PostePay n. 4023 6005 9902 8257, intestato a Maria Rosaria Teni (Presidente fondatrice del Premio), con causale: “quota  partecipazioneconcorso”.
  • la partecipazione rimane gratuita per i partecipanti alle sezioni D) ed E), relative alle scuole. L’iscrizione al concorso è subordinata all’avvenuto pagamento della quota di partecipazione

Art. 6 È ammessa la partecipazione ad una o più sezioni. Le quote di partecipazione, cumulate,   possono essere comprese in un unico versamento.

Per ogni ulteriore chiarimento o informazione, si potrà inviare opportuna e-mail all’indirizzo: concorsopoesianovoli@virgilio.it

Art.7    Saranno premiate le prime tre opere delle sezioni a), b) e c) scelte dalla Giuria, mentre le successive sette composizioni classificate riceveranno la segnalazione di merito.

            In particolare, spetteranno:

  • al I classificato: € 100,00 e diploma.
  • al II classificato: cesto di prodotti locali e pergamena.
  • al III classificato: prodotti locali e pergamena.

  La giuria si riserva, inoltre, assegnare altri premi speciali, menzioni o segnalazioni di merito, conferiti con diploma personalizzato, e/o targa.

Art.8   La cerimonia di premiazione avrà luogo nel Teatro Comunale di Novoli in data 24 aprile 2017. I concorrenti premiati sono tenuti a presenziare alla cerimonia di premiazione e il premio sarà consegnato personalmente ai vincitori. In caso di assenza è prevista delega al ritiro, da far pervenire via e-mail agli organizzatori almeno 5 giorni prima della premiazione.  Qualora il vincitore fosse impossibilitato, potrà ricevere il premio previo pagamento di un contributo per le spese di spedizione. È a carico dei partecipanti l’onere di  informarsi circa tutti gli aggiornamenti e/o eventuali variazioni concernenti il Premio, attraverso la  periodica consultazione dei siti:
www.associazionevivamente.blogspot.it http://www.premioletterariovitulivaria.wordpress.com  https://www.facebook.com/pages/Vitulivaria-Concorso-Nazionale-di-Poesia/123660984380730   www.comune.novoli.le.it
o contattando direttamente la Segreteria dell’Associazione Viva Mente al n° 333 8461683
o all’indirizzo e.mail:  concorsopoesianovoli@virgilio.it

Art.9  L’Organizzazione del Concorso si riserva di procedere alla pubblicazione di un volume  antologico che conterrà i lavori premiati e quelli che saranno ritenuti meritevoli per dignità di forma. La partecipazione al concorso non comporta l’obbligo all’acquisto del  volume.

Art.10  Con l’iscrizione al concorso tutti i partecipanti danno il consenso alla pubblicazione delle loro opere. Nessun diritto verrà corrisposto agli autori. Partecipando al concorso gli autori acconsentono a cedere a titolo gratuito il diritto di pubblicazione, riproduzione, diffusione e distribuzione al pubblico, nelle modalità di pubblicizzazione decise dall’Associazione “Viva Mente” che, comunque, garantirà che sia sempre riportato il nominativo dell’autore dell’opera.

Art.11 In relazione alla normativa di cui al DLGS n° 196/2003 sulla privacy, i partecipanti devono acconsentire esplicitamente al trattamento dei propri dati personali per le sole finalità legate al Concorso in oggetto.

Art. 12 Non saranno presi in considerazione i lavori che non avranno osservato tutte le norme  contenute nel presente bando.

Art.13 La partecipazione al Concorso implica l’accettazione del presente regolamento.

Novoli, 1°dicembre 2016   

                                                ASSOCIAZIONE CULTURALE

                                                               “Viva Mente”

[1] Miguel Angel Asturias – Poeta e narratore guatemalteco, nato a Città del Guatemala il 19 ottobre 1899, morto a Madrid il 9 giugno 1974, premio Nobel per la letteratura nel 1967.

scheda-adesione-adultischeda-adesione-studenti

“Il tempo di morire” di Santo Marsigliante


Vi racconto un mio ricordo di quando ero osservatore distratto di vite altrui.

Senza esitazione mi invitò nella sua casa alla fine di una miserabile strada. Mi presentai scortato da un nome vinto al lotto. Il suo piccolo bambino era in piedi sulla porta del bagno. Appena seduto cominciai a mormorare rosari di domande, percorrendo l’intera lunghezza della sua esistenza. Realizzai prontamente che mai avrei potuto credere a nemmeno una parola della sua storia; ma non aspettò neanche un momento per spiegarmi ogni cosa digrignando buffamente i denti. Chi, nel mezzo della sua vita, ora mi chiedo, le aveva mai dato un amore trasparente? Non lo so e non so come avesse tutta quella esperienza di me.

Lei alla fine si alzò e barattai un mazzo di rose con il suo più cortese sorriso; mi lasciai catturare dalle sue labbra piene di perle e mi sentii trasportare come la prima volta. Abbandonai la mia vecchia ideea che la voleva ancora bambina e di nuovo sedemmo sul pavimento intorno ad una lampada a cherosene e un vinile suonò vecchie canzoni con un’armonica. Mi sembrò più di qualche volta che tutto era passato senza crudeltà, senza colpe e peccati che potessero giustificare una morte.

“Buona giornata, il sabato”

disse, apparentemente assorta.

“Guardandoci di sbieco abbiamo vissuto in mondi diversi ma intersecanti”.

Mi disse di nuovo dei petali che cadono sul tavolo, delle gardenie da innaffiare, dei capelli bianchi da pettinare e della vita vissuta male. Continuai a ostinarmi nel non parlare. Mise un’altro vinile sul piatto démodé, uno dei suoi favoriti: “Il tempo di morire”.

“Sai, io lo ho conosciuto Battisti … ma non aveva origini italiane, lo sai? Io adoro Battisti vecchia maniera, caro. Se solo tu avessi avuto la voglia di aspettarmi, caro, se solo tu mi avessi sopportato, sardonico e distante, mi avresti toccato anche restandomi lontano”.

Stanotte, adesso, si’

Mi basta il tempo di morire

Fra le tue braccia cosi’

Domani puoi dimenticare, domani…

Ma adesso dimmi di si’

Lentamente il sipario si chiude e ti nasconde ma non riesco a decidere se applaudire o fischiare. Come osservatore distratto mi sento visibilmente deluso, come chi si aspetta qualcosa di diverso e si sorprende a pensare che il tempo non rimargina ferite. Solo le cose che non hanno avuto importanza non ne hanno ancora e mai ne avranno. Solo le ferite superficiali sono rivestite di nuova pelle indistinguibile da quella vecchia. Il tempo passa, la bellezza sfiorisce ma i sentimenti rimangono gli stessi e quelli veri vengono rafforzati. Io non mi sento toccato dalle sue parole, a quest’ora della notte avrei preferito maggiore frivolezza, come quando le dissi

“Ti ricordo vestita di sole con il vento tra i capelli”

… e giù a ridere a crepapelle. Ma alla fine forse hai ragione tu, è ora di andare a dormire. Poi, quando veramente pareva che mai più dovesse parlare, sembrò scuotersi da un lungo sonno e si portò al naso il bicchiere di vino; dopo averlo annusato finalmente bevve e parlò poche parole, tutte in una secca frase. Gli riaccesi lo stereo con la sua musica preferita, ancora un altro sorso, un far finta di raccogliere le idee ed un breve sospiro.

Prendi tutto quel che ho

Mi basta il tempo di morire

Fra le tue braccia cosi’

Domani puoi dimenticare, domani

Ma adesso, adesso dimmi di si…

Quanto avrei voluto capirti prima, ma poi cosa sarebbe cambiato per me che ho cose da buttare via? Sarebbe cambiato tanto poco se tu non fossi qui, se tu mai avessi parlato, se quel bicchiere non fosse tra noi, le nostre presunte attenzioni e la malcelata noia. Avevo deciso di parlarti senza trucchi nè inganni ma ti muovesti maldestramente ed il tuo gomito mandò in frantumi il bicchiere e la mia buona volontà. E così in nome della nostra falsa modestia ti prego di mantenere il silenzio ancora per pochi minuti perché mi sento già le palpebre pesanti …

This is the end

Beautiful friend

This is the end

Smettemmo di respirare un minuto più tardi.
Santo Marsigliante

Secondo  Premio Sezione C

immagine-436

ph Eleonora Mello

Con uno stile essenziale e con un ritmo che ben rende il pensiero, l’autore tratteggia l’incontro con una donna, un amore della sua giovinezza, che appartiene ormai ad un tempo perduto. Ineluttabile cala il sipario tra le note di un caro motivo familiare di Battisti. Non sempre il tempo rimargina le ferite. Il silenzio ra è l’unica voce che può lenire il rimpianto di ciò che non può più essere… Non rsta che la voglia di dormire. Non resta che un tempo per morire. [ A. Teni]

Santo Marsigliante è professore di Fisiologia presso la Facoltà di Scienze MM FF NN dell’Università del Salento. Attualmente insegna nel corso di laurea in Biotecnologie Mediche e in quello in Ottica e Optometria.Studia i meccanismi della comunicazione cellulare, i fondamenti generali dell´endocrinologia e gli eventi trasduzionali in risposta alla somministrazione di chemioterapici platinati. Scrive occasionalmente poesie e si è aggiudicato il Premio Speciale “Associazione VIva Mente” nell’edizione di Vitulivaria 2013.


 

“Quando la poesia incontra la musica”


Mai come oggi appare appropriato l’accostamento della musica con la poesia.
Ascoltando “Auschwitz”, la ben nota canzone di Francesco Guccini, mi sono resa conto dell’enorme potenza suggestiva ed emotiva che la musica può conferire al verso che piange un dolore reale, vissuto tra le pieghe della storia, testimone di un’umanità devastata da follie razziali e mostruosità ideologiche.
La poesia in sé è musica perché vive del ritmo delle sue strofe e quando la sua melodia verbale incontra quella sonora si raggiunge una nobile fusione che si assimila nello spirito. Oggi, 27 gennaio, ricorre un triste anniversario: è una giornata di raccoglimento e di riflessione, di ripiegamento nella propria sfera intima, laddove pare di essere pervasi dal gelo dei campi di concentramento e dallo strazio di lamenti che lacerano l’aria stordita di dolore. Oggi è il giorno dell’agghiacciante silenzio dignitoso. Oggi è il giorno della memoria, giorno che non deve essere rigettato nel tunnel del dimenticatoio o celebrato per apparire civilmente responsabili e frantumarsi in mille stereotipi di circostanza.
E allora, oggi, la parola deve volare al di sopra delle disarmonie e trasportare melodie di speranza che abbattano muri carichi di solitudine e di orrore; deve mirare a raggiungere vette di infinito respiro, di azzurri mattini in cui il risveglio è sinonimo di vita e non di morte.
Canzone poetica o poesia cantata: uno scambio sublime di emozioni, di impressioni, in pennellate di realtà che racchiudono un mondo di sentimenti che si disvela attraverso un lirismo unico e straordinario, in un equilibrio ideale di melodia e parola.
Questa mia breve considerazione nasce in un giorno che mi coinvolge profondamente, che mi provoca sofferenza e che, tuttavia, cerco di affrontare pensando alle “buone cose”, ai risvolti umani e positivi. Ripenso alle parole di Guccini, che scrive: “…io chiedo come può un uomo uccidere un suo fratello…” o “…io chiedo quando sarà che l’ uomo potrà imparare a vivere senza ammazzare e il vento si poserà…” e continuo a sperare che ci possa essere un mondo possibile, dove la vergogna indelebile di ciò che si è consumato in quel campo di sterminio, come in ogni altro luogo di dolore e sopraffazione, sia soltanto un ricordo utile a non perpetrare altri eccidi e a “far posare” il vento dell’odio.
Maria Rosaria Teni

img_20151210_165316

“Le ragioni di un Premio” di Maria Rosaria Teni


Un premio letterario, come tanti oggi, si connota soprattutto per l’aspetto intrinsecamente simbolico. Perché dunque nasce il Premio letterario “Vitulivaria”, dedicato alla memoria di Gerardo Teni? Molti si chiederanno il motivo e altri, spinti da legittima curiosità, si domanderanno chi sia questo signore che si accompagna ad un concorso che ha superato ormai tre edizioni e si appresta a vivere la quarta. Vorrei potervi spiegare, eludendo per un momento la voce del cuore, chi e cosa rappresenti per me questa persona; un uomo forte, onesto, sensibile, dotato di una rara nobiltà d’animo e sempre pronto ad offrire aiuto e conforto in ogni occasione. A questo si aggiunga la particolare capacità di essere un ottimo padre, esemplare, come pochi.

img-20160603-wa0007-copia

ph Eleonora Mello

Aveva un amore sviscerato e profondo per la sua terra natia e, nonostante sia vissuto in Lombardia per diversi anni, mi raccontava di sognare sovente le stradine del suo paese, diventate più belle e soleggiate in virtù del potere immaginifico del ricordo. Da piccola, mi narrava le tradizioni della ristretta comunità del suo Salento e impreziosiva il racconto con l’accenno di alcune melodie d’opera che sussurrava sottovoce quasi a mo’ di nenia. Le campagne addobbate a festa a primavera, cariche di alberi contorti dalle forme umane che scorrevano nei suoi occhi nostalgici e la profondità del suo mare cristallino che lambiva con gli occhi dell’anima. Il nome del Premio “Vitulivaria”, tra l’altro, deve la sua origine agli elementi che caratterizzano il tacco salentino decisamente sui generis sia per le caratteristiche morfologiche che per quelle antropologiche. Coccolata dal vento e impreziosita da ulivi secolari, generosa e nello stesso tempo amara per essere stata a lungo sottoposta ad attacchi di popoli diversi, operosa ma anche impoverita da emigrazioni massicce verso un lavoro “garantito e sicuro”, la terra salentina ha vissuto una sua storia, parallelamente alla storia dell’Italia, ma sicuramente non ha perso la propria dignità e onestà, elementi distintivi della gente che vive in questo luogo, appassionata di vita, desiderosa di pace e, nello stesso tempo, inquieta come il vento che spira sui due mari. Terra con una caratteristica privilegiata resta il Salento, un territorio di frontiera e di transito, crocevia di Oriente ed Europa, luogo di traffici culturali e commerci ma anche luogo essenzialmente poetico, di quiete, di luce, di malinconia, di memoria, di “vigne di uve nere” e di “ulivi nel vento”, di torri, di chiese e di ninfee. Un Salento che si racconta con gli occhi, che parla di sé e del suo passato; che non è una città ma una costellazione di piccoli mondi pullulanti di vita e di storia, che dopo secoli di oblio e di silenzio escono dal loro torpore.

img-20160411-wa0010

ph Eleonora Mello

Tutto questo aveva nel pensiero mio padre che, nelle sue narrazioni, mi ha fatto amare una terra difficile, in cui non mi sentivo radicata per il mio essere cresciuta fuori, dove invece tutto appariva più snello, dove il “vivere quotidiano” era impostato su parametri più dinamici e scorrevoli, dove era possibile confondersi tra mille altri uomini e non ritrovarsi in nessuno. Tutto il suo pensiero, dopo la sua perdita, è trasfuso in me e mi ritrovo, oggi, a ripercorrere le stradine dei suoi racconti, inebriate dai profumi dei fiori d’arancio, abbagliate dal sole carico di vita delle torride estati sonnolente, dove tutto tace e si nutre del silenzio dei ricordi. È questo che ho inteso evidenziare nell’intitolazione del Premio: il desiderio di eternare un grande uomo, simbolo di attaccamento profondo verso una terra che lo ha generato e che mi ha insegnato a rispettare e ad amare.
Maria Rosaria Teni

img_20160221_164721

ph Eleonora Mello

“La poesia è la musica dell’anima…” di Fabrizio De André


La poesia è la musica dell’anima…

Tutto possiede in sè della poesia.

I poeti altro non sono che dei musicisti

che suonano le melodie che

provengono dal cuore,

con strumenti diversi da quelli convenzionali..

Uomini che sanno trarre dalle cose

un significato profondo,

un afflato sensibile solo a pochi,

non percepibile da tutti

e lo trasformano in parole…

Alchimisti dell’anima

Fabrizio De André

img-20161002-wa0019

“Mamma” di Maria Tarantini


Mamma!

parola dolce, quale melodia

che d’ode risuonar per ogni dove

e in sé racchiude tutti i tesori

che l’uomo sitibondo

cerca e non trova altrove.

Prima parola che sorga

dal labbro dell’infante

dolce rifugio per il figlio errante.

Bisogno estremo, che sentì Dio stesso

ed una donna scelse a dire: – Madre –

e senza di Lei, nulla valea

sue opere grandi già create,

come se nulla avea fatto ancora

ed al saluto dell’Angelo con l’AVE

umile e pronta il dolce SI’ risuona

come ogni madre al figlio

tutta se stessa dona.

Dove tu manchi, oh mamma,

tutto v’è buio e gelo

e come un triste velo

oscura il viso dell’orfan desolato

e tutto è invan per lui

anche se d’altri è amato.

Pria che la terra fosse

Iddio creò questa sorgente

che non secca mai

che sempre dona e tutto in sé

perdona …
Maria Tarantini

Segnalazione di merito
Sezione A

img-20161003-wa0013 

Maria Tarantini, nata a Novoli nel 1923, è da sempre sensibile alla poesia tanto da scandire i momenti salienti della sua esistenza attraverso una sorta di “zibaldone” che ha intitolato: “La mia vita in poesia”, pubblicato nel 2013. Le sue poesie sono “…versi non versi, scritti di getto e legati ad una propria elementare musicalità… versi che narrano di ciò che la vita rivela e richiama; l’amore, la famiglia, la nascita, la morte, le speranze e i timori propri dell’esistenza umana. Una vita vissuta nel conforto della poesia”.

 

 

“Schegge” di Tonia Madaro


Quella prigione dell’anima era uno stato del suo inconscio che non voleva proprio accettare.

Era lì a guardare quel cielo stellato e a ripetersi che quella era la vita che lui aveva voluto, quello in cui aveva creduto, desiderato e finalmente realizzato, ma non era così e il suo Sé più profondo da qualche tempo spingeva e spingeva.

Poi finalmente un ricordo, la luce bianca e accecante della neve in una splendida giornata di sole, il vociare allegro dei compagni, la gioia infinita.

Era venuta giù inaspettatamente e il direttore della scuola aveva concesso il permesso di uscire nell’atrio a giocare, con quello che tutti noi ritenevamo una magia.

La neve era un evento a dir poco strabiliante per un paesino del sud dell’Italia, nel Salento, un paese talmente piccolo che non si trovava nelle cartine geografiche, più un villaggio che altro.

Ricordava l’affanno, dopo i primi cinque minuti passati a giocare a palle di neve, con le mani tremanti e gelide perché aveva tolto i guanti, voleva toccare quel manto soffice e candido. L’aveva odorato, assaggiato, avrebbe voluto metterlo in tasca e conservarlo per quando non ci sarebbe stato più. Le sue guance e quelle dei compagni sembravano frutti maturi, mele turgide e rosse, ciliege al posto del naso e il sangue scalpitante scorreva nelle vene, lo percepiva come non mai. Sbuffi bianchi uscivano dalle loro bocche calde, erano trenini a vapore impazziti che si rincorrevano, negli occhi un’accecante euforia. Tutto questo si era impresso nella sua memoria e poi con un atto di volontà era stato sepolto, volutamente dimenticato, perché un ricordo talmente bello poteva far male, poteva essere d’ostacolo nel raggiungimento degli obiettivi della sua vita. Aveva deciso di vivere in un altro posto del mondo, Londra, così lontana, così diversa, ma dove la neve era una condizione meteorologica naturale, scontata.

 Lì si sentiva al centro del mondo, lì era divenuto il manager di successo da lui desiderato. Lì la luce assumeva un altro colore, un altro senso, un altro valore. Le ombre erano meno contrastanti e quel grigiore freddo e piatto era quasi rassicurante.

Ma quella sera, quella sera, il cielo era limpido e stellato e lui nel guardarlo attraverso la grande vetrata del suo lussuoso appartamento, dall’attico di un palazzo prestigioso, si sentiva avvolto da una sensazione irreale. Era come se stesse galleggiando in una bolla di sapone e schegge di ricordi si alternavano alla realtà, guardava la vita attraverso il filtro della memoria, stava scivolando pian piano in un mondo surreale. Non aveva paura, anzi, quella sensazione di spiacevole oppressione che avvertiva da qualche tempo stava scomparendo per lasciar spazio a una strana euforia.

Uscì nella bolla attraverso il vetro e guardando dall’alto il mondo percorse a ritroso la sua vita. Quante cose aveva vissuto, ma quante altre aveva perso. Certo non poteva dirsi sfortunato, no, ma forse la sua solitudine, condizione per la quale aveva lottato rincorrendo un’idea di libertà, ora non gli sembrava poi così bella, così libera, quella padronanza della sua vita che sembrava avesse conquistato, ora gli appariva falsa, vuota, traditrice. Non sapeva più cosa fosse la felicità. Aveva tutto ma non aveva niente. Comprese come la vita scivoli via in un attimo quando rincorri qualcosa, comprese che nulla poteva essere meglio di una carezza, un abbraccio, un bacio affettuoso dato da una persona sincera. Comprese che aveva perduto il suo tempo e ora in quella bolla si sentiva in trappola. Così cominciò a premere su quelle pareti, con le mani e i piedi, con tutta la forza che aveva, voleva romperla, uscire da lì e al diavolo se fosse caduto.

Il tempo sembrava essersi annullato.

Poi un rumore, qualcuno bussava alla sua porta.

– Tesoro, la cena è pronta. Hai finito i compiti?

Sua madre entrò nella cameretta, si avvicinò allo scrittoio al quale era seduto, davanti alla finestra con l’affaccio al giardino, lo guardò e amorevolmente gli carezzò il capo.

– Dai, non essere triste. La neve si è sciolta, è vero è durata poco, ma guarda, guarda che bel cielo stellato. Domattina sarà una meravigliosa giornata.

Si chinò a baciarlo sulla fronte, poi andò via richiudendo la porta alle sue spalle.

Lui rimase lì ancora per qualche attimo, immobile, a fissare il cielo.

No, non aveva immaginato, qualcosa gli era arrivato dall’Universo, un dono, la possibilità di compiere un viaggio nel tempo. Staccarsi dalla realtà presente, andare nel futuro, per poter ricordare il passato. Una chance, ma questo ancora lui non lo sapeva, troppo piccolo per comprendere una cosa così grande.

Andò a cenare e tutto si svolse come sempre.

Ebbe altre esperienze come quella e un giorno si decise a parlarne.

In famiglia ascoltarono la sua storia poi sorrisero e gli dissero che aveva una grande immaginazione, i compagni invece risero di lui schernendolo col nomignolo, “ il matto”. I bambini a volte sanno essere davvero crudeli. Poi cominciò a ridere delle sue storie anche lui, prendendo in giro tutti perché aveva raccontato loro dei sogni, lui stesso si convinse che era stato tutto un sogno. L’idea di essere diverso lo spaventava, il giudizio della gente lo spaventava, quel giudizio dato spesso con troppa superficialità e che ti fa sentire strano, allontanato, solo, escluso dal branco.

Tutto trascorse nella più normale totalità. Crebbe e non fece più viaggi nel tempo.

La sua attenzione fu tutta per il raggiungimento della sua carriera futura, doveva studiare e fare di tutto per essere l’orgoglio della sua famiglia. Anche i suoi amici erano presi da una strana affannosa corsa al successo economico e professionale.

La vita cominciò a scorrere velocemente.

Così, arrivò finalmente il grande giorno. Partì ed ebbe tutto quello che la società gli aveva fatto vedere come un ambito traguardo e una sera davanti alla vetrata del suo appartamento mentre guardava spruzzi di stelle in un cielo inaspettatamente limpido, come un boomerang fu investito da tutti i suoi ricordi, assaporò l’amarezza del non aver accettato, non aver accolto quel dono, la tristezza di non aver lottato per difendere la sua diversità.
Tonia Madaro

Finalista Sezione C
VIII classificato
img_20150501_185214

Tonia Madaro, nata a Lecce dove risiede, è sempre stata animata dalla passione per l’arte e la scrittura. Frequenta il Laboratorio di scrittura creativa a  cura di Studio Rollo di Lecce.
Al termine del percorso è stato pubblicato un libro che raccoglie gli scritti dei partecipanti dal titolo: “Non trovo le parole”.


 

“Camera a Sud” di Anna Serena Gatto


Camera a sud

Così sono tornato nel mio Salento. Mi chiedo se posso ancora chiamare mia una terra da cui ho deciso di fuggire tanti anni fa in cerca di una nuova vita, di un futuro che mi sembrava impossibile trovare qui, soffocato nelle stradine bianche di calce del mio piccolo paese, che dormivano sotto il sole implacabile delle nostre lunghe estati. Ho scelto di andar via, strappandomi dal cuore le mille sfumature di azzurro del nostro mare, i riflessi d’argento degli ulivi, i ricami di pietra delle chiese. Ho voluto dimenticare il suono dolce del dialetto, la lentezza sonnolenta del nostro vivere, tutti i colori, gli odori, i sapori del mio Sud antico e magico. E, dopo essere riuscito faticosamente a costruirmi una vita in una grande città di un altro continente, così diversa, così lontana da quello che era stato il mio piccolo mondo, non ho voluto più tornare indietro. Non ce n’è motivo, mi sono sempre detto. Niente più mi lega a quei luoghi, niente per cui valga la pena provare nostalgia. Ho scelto una vita senza amore, senza dolore e senza felicità in una terra sconosciuta. Mi è sembrata l’unica alternativa possibile, tutto qui.
Fino a stamattina. Svegliandomi, ho ricordato un sogno che ho fattostanotte. Ero sulla spiaggia dove ho trascorso tutte le estati fino all’adolescenza. Nel sogno mi dicevo che doveva essere settembre inoltrato, perché era immensa e solitaria sotto un sole che aveva già la dolcezza dell’autunno. Il mare aveva “un riso azzurro, un brivido di seta” come in una poesia di cui non ricordavo il titolo né l’autore, ma solo questo verso che ritornava, quasi ossessivo, nella mia mente, insieme al respiro lieve delle onde.
E insieme a questa immagine, un’ansia improvvisa di tornare indietro, nello spazio ma soprattutto nel tempo, che mi ha fatto svegliare con il cuore che mi batteva forte e un tremito simile a febbre in tutto il corpo.
Mi sono alzato con un’urgenza davvero inspiegabile per una persona metodica e razionale come me, ho sistemato in fretta i miei impegni di lavoro, ho preso il primo aereo e ora sono qui.
Dato che siamo ormai alla fine di ottobre, non mi è stato difficile prendere in affitto una vecchia, piccola casa affacciata sui bastioni a strapiombo sulla scogliera. È scura e spoglia, odora di salsedine, ha le pareti incrostate di umidità; ma ha un minuscolo balcone proteso sull’immensità abbagliante del mare, e questo panorama che avevo voluto dimenticare mi comunica una sensazione di pace e di dolcezza mai provata in nessuna delle lussuose stanze degli alberghi che sono abituato a frequentare nei miei viaggi di lavoro.
Per la prima volta, dopo tanti anni, trascorro una giornata senza impegni né programmi, felice di smarrirmi nei vicoli contorti del piccolo paese, dove il tempo sembra essersi fermato. E, senza che me ne renda conto, i miei passi mi portano proprio sulla spiaggia del mio sogno. E’ così piccola rispetto a come la ricordavo, ma il colore dorato della sabbia e l’azzurro tenero e struggente del mare sono sempre gli stessi. Mentre resto immobile sulla riva, chiedendomi cosa ci faccio qui, il pomeriggio assolato sfuma in un tramonto color arancio e poi in un dolce crepuscolo blu, punteggiato dalle prime stelle della sera. Quando il cielo diventa nero e le stelle si moltiplicano, da un tempo remoto della mia vita precedente, tornano a risuonare nella mia mente i versi di una poesia di Neruda:“Fuori le punte del cielo scintillavano come pietre magnetiche/e l’odore della legna mi toccava il cuore/con dita come di gelsomino, come di alcuni ricordi”.
E d’un tratto risento proprio quell’odore, di vecchio legno impregnato di salmastro, l’odore di una barchetta di pescatori tirata in secco su quella spiaggia, in una notte d’estate di troppi anni fa.
Lontano, un gruppo di ragazzi intorno a un falò canta una canzone stonata, mentre uno di loro strimpella una chitarra.
Ma io non li ascolto e non li vedo, come non vedo le stelle né il mare, che pure offrono uno spettacolo magnifico. Vedo solo lei,seduta accanto a me sulla sabbia, con la schiena appoggiata alla vecchia barca, che mi sorride con la sua incantevole grazia, inconsapevole della tempesta che si agita dentro di me, mentre leggiamo insieme un libro di poesie che amiamo, alla luce di una torcia elettrica. E’ così vicina che potrei sfiorarla, ma non ho il coraggio di farlo, nonostante sia la mia più cara amica d’infanzia. La complicità che ci legava da bambini, quando ci tuffavamo insieme dagli scogli e tentavamo scherzosamente di spingerci sott’acqua (lei era molto più forte di me, spericolata e libera come un maschiaccio), ha improvvisamente ceduto il posto a uno strano imbarazzo. Marta ha tredici anni, lunghi capelli neri, un viso abbronzato da bimba in cui splendono i suoi occhi verdi, limpidi e ridenti. Io ho diciassette anni e, nonostante l’aria spavalda che ostento con i miei amici, accanto a lei mi sento tremare il cuore: tutte le meravigliose e poetiche frasi che vorrei rivolgerle naufragano in mille discorsi banali. Mentre raccolgo tutte le mie energie per riuscire almeno a sfiorarle i capelli, all’improvviso diventa seria e stringe la mia mano protesa verso di lei.
“È l’ultima estate che trascorro qui, Marco”. Il mio cuore si ferma ed è come se una voragine si fosse aperta nella sabbia per inghiottirmi. Lei continua, con un sorriso triste: “I miei genitori hanno deciso di trasferirsi in Australia, dove i miei parenti hanno già trovato loro una casa e un lavoro. Partiamo domattina … non te l’ho detto finora per non rovinare questi ultimi giorni insieme. Volevo dirti che mi mancherai, ecco”. “A … anche tu” riesco appena a balbettare con voce soffocata, sfuggendo il suo sguardo, perché non si accorga che ho gli occhi lucidi. Ora, devo dirglielo ora che la amo o non sarà mai più possibile.
E invece mi alzo in piedi di scatto, lasciando cadere il libro sulla sabbia; mormoro qualcosa riguardo all’orario di rientro a casa e la lascio lì, correndo via senza voltarmi. Non l’ho più rivista. Mi riscuoto da questo viaggio nella memoria e mi accorgo solo ora che sono le tre del mattino e fa freddo. Ritorno lentamente nella casetta e so già che non dormirò, quindi mi avvolgo in una coperta e resto sul balconcino a fissare il mare. Ora mi sembra di comprendere il perché della vita che ho scelto, senza amore, senza dolore né felicità. E mi domando a cosa sia servito tornare indietro. Immagino come si sarebbe svolta la scena che ho appena ricordato se solo non avessi avuto paura della forza di quel sentimento, se l’avessi presa tra le braccia dicendole ciò che provavo per lei. Mi sento ridicolo e patetico, un signore di mezza età che si commuove per qualcosa che non ha vissuto e non potrà mai più essere. Scuoto la testa come per scacciare definitivamente i fantasmi dei ragazzi che eravamo e decido che domani ripartirò. Stavolta non tornerò davvero mai più indietro.
Ora è mattino e il sole splende, come se fosse piena estate, nella stradina dove si trova la piccola casa in cui ho trascorso questa strana giornata fuori dal tempo e dal mondo. Attendo il taxi che mi porterà all’aeroporto.
Cerco di non lasciarmi commuovere dai colori vividi che mi circondano – il bianco lucente delle case, l’azzurro del mare, oggi più scuro sotto il vento di maestrale, il verde della pineta in lontananza – e provo a concentrarmi, senza riuscirci, sugli impegni che mi attendono al mio rientro al lavoro. Nella mia mente, però, risuonano i versi della poesia di Pablo Neruda che ha messo in moto la mia personale “macchina del tempo”, durante la notte appena trascorsa. Vedo una piccola libreria poco lontano e mi viene in mente che potrei cercare il libro che la contiene. Esitante, ancora incerto se assecondare questo strano impulso, spingo la porticina dipinta di azzurro ed entro.
Tra gli scaffali alti fino al soffitto e traboccanti di libri, scorgo un bancone di vecchio legno e mi sembra di avvertire ancora quell’odore, che mi dà una leggera vertigine. Dietro il bancone, una donna solleva lo sguardo dal libro che sta leggendo per posarlo su di me. Sul suo viso abbronzato, il tempo e chissà quale dolore lontano hanno inciso tante piccole rughe, senza riuscire a cancellarne la bellezza. Ma gli occhi sono sempre gli stessi: verdi, limpidi e ridenti. Sorridendo, Marta mi chiede: “E’ un turista? Non ne vediamo molti in questo periodo”. Non mi ha riconosciuto. Cercando di dominare il tremito nella mia voce, rispondo: “Sì, una breve vacanza, ma sto per ripartire. Avrebbe le Odi elementari di Neruda?” Mentre lei prende il libro dallo scaffale, io cerco disperatamente le parole per rivelarle chi sono ed esprimere finalmente tutto ciò che tengo rinchiuso nel cuore da troppi anni. Sento, però, la sua voce, indifferente ed estranea: “Lo sa che erano le mie poesie preferite, quando ero una ragazzina? A volte mi chiedo perché, visto che ora non mi dicono più nulla…” Non solo non mi riconosce, ma non ricorda affatto le nostre estati né quella notte. Tutto ciò che finora mi ha impedito di avere una vera vita per lei non è neppure una memoria lontana. Un sorriso sprezzante affiora sulle mie labbra mentre rispondo: “Sì, a pensarci bene ha proprio ragione…la vita è qualcosa di molto diverso dalle poesie, non crede? La ringrazio, ho cambiato idea.” Guardo l’orologio. “Mi scusi, il mio taxi sarà già fuori ad attendermi. Buona giornata”.
Fuori, il vento è diventato più forte e una nuvola ha coperto il sole. Il paesaggio mi appare improvvisamente grigio e triste. Nonostante tutto, provo uno strano sollievo, una specie di leggerezza sconosciuta, mentre cammino incontro ai miei nuovi giorni, senza più nostalgia né rimpianti.
Anna Serena Gatto

 Finalista Sezione C
VI classificato

img_20141220_161627

 Il racconto presenta descrizioni di profonda intensità, che rivelano un’anima emotivamente legata ai luoghi in cui si dipanano i ricordi. Lo stile è scorrevole e ammalia il lettore, in un crescendo introspettivo che attraverso il ricordo mette in luce il groviglio dei sentimenti dell’autore. La nostalgia e l’anelito al futuro caratterizzano una catarsi che nell’epilogo trova il ‘perché’ lasciando in chi legge una delicato senso di tristezza intriso di speranza. [M.R.Teni]

Anna Serena Gatto, vive a Lecce, insegna diritto ed economia politica  presso l’I.T.C. di Galatina. Ha coltivato la passione per la scrittura fin dall’infanzia ed è autrice di numerose poesie e racconti. Il desiderio di “mettersi in gioco”, partecipando per la prima volta a un concorso è nato grazie all’esperienza del Laboratorio di scrittura creativa che attualmente frequenta presso lo studio Rollo di Lecce

 

“Primavera” di Rossella Maggio


Stasera il cuore

è largo, muove

sirene lungo  i

davanzali  degli

orizzonti, si fa

piede di quiete

dentro  ogni

passo….

…si conduce, per

mano, a un canto

leggero di foglie

bambine.

Rossella Maggio

Segnalazione di merito
Sezione A

img-20160413-wa0013

Rossella Maggio, docente nella scuola superiore, vive e lavora a Lecce. Ha pubblicato articoli e recensioni sul settimanale locale “Il Corsivo”. Nel 2013 è stato pubblicato il suo primo romanzo “In sostanza l’amore”, edizioni Albatros-Il Filo che ha ottenuto diversi riconoscimenti in ambito letterario. Autrice della silloge poetica “In amore per amore con amore” sempre con la casa editrice Albatros – Il Filo.

 

 

“Che cosa manca” di Marisa Cossu


Che cosa manca alla vita

se non l’ultimo appello,

la soglia immateriale,

il grido alto dell’anima

che trapassa  nell’ombra

di una metamorfosi annunciata.

La morte dice l’ultima parola,

la incide con la selce sul graffito

della roccia ormai nuda,

sugli occhi spalancati,

sulle bocche serrate;

pone un freno ai passi della corsa

e riporta alle origini ogni cosa.

La sola verità concessa al tempo

traccia il suo segno

ai limiti del viaggio

e non importa quanto breve

sia stata la tempesta

che ha percosso il centro della luce,

la bellezza già vista e già goduta.

Marisa Cossu

Segnalazione di Merito
Sezione B

img-20161002-wa0013

Marisa Cossu, Insegnante e Psicopedagogista, nasce a Monterotondo (Roma) l’8.3.1940, e vive a Taranto dove si dedica alla pittura e alla scrittura. Dopo la pubblicazione del libro “LA VITA BELLA, pensieri e parole” BookSprint Edizioni approda felicemente alla collana di poeti contemporanei Sentire, Casa Editrice Pagine. L’autrice ha sempre coltivato un vivo amore per la scrittura e per tutte le forme di espressione artistica: poetessa e pittrice, scrittrice di saggi e racconti, comunica attraverso le sue opere, il proprio mondo interiore, un messaggio empatico semplice e meditativo. Nelle sue  opere esprime l’amore per la vita cui dà senso attraverso l’esperienza maturata negli anni, il sentimento, la memoria e la comprensione. Il tempo è sentito come dimensione dell’anima in una visione dall’interno che assorbe l’essenza della realtà e si confonde alle cose. Esse  appaiono come astri nell’infinito immerso nella consapevolezza. L’introspezione e la ricerca sono gli strumenti di cui si avvale per dare senso e profondità al linguaggio poetico, ricco di contenuti simbolici tra fantasia e realtà.