
Non è la prima volta che mi affidano l’impegnativo compito di “giudicare” produzioni altrui. L’ho sempre fatto con estremo piacere e con grande senso di responsabilità, nella consapevolezza di dover valutare la parte più intima degli autori che di volta in volta mi sono trovata innanzi.
Che si trattasse, infatti, di disegni realizzati dalle mie compagne di scuola, di testi inediti per i 300 lettori del prestigioso premio Campiello, di temi di alunni che ho incontrato in 41 anni di carriera, o di elaborati di colleghi alla prova dei concorsi a cattedra o abilitanti, ho sempre cercato di pormi in modo “critico”, entrando nella sfera umana degli scrittori, di cui ho sempre e comunque rispettato e apprezzato gli sforzi artistici e le capacità creative.
Dare un voto, un giudizio non è cosa semplice. A scuola i docenti sono supportati da griglie dettagliate e precisi indicatori, che consentono di conservare una certa obiettività sui contenuti spiegati e rispiegati in classe. Giudicare un componimento in un premio letterario è tutt’altra cosa, poiché il pathos, l’enfasi, la capacità dei testi di suscitare emozioni in chi legge è (e deve essere) più viva e diretta.
Ed è per questo che rivolgo un sentito ringraziamento a Maria Rosaria Teni, presidente del IV Premio letterario “Vitulivaria” – memorial Gerardo Teni – che mi ha invitato a far parte della Giuria, ponendomi di fronte a una nuova appassionante sfida.
Con rinnovato entusiasmo sono tornata sul campo, penna alla mano, curiosa di leggere e valutare i diversi componimenti.
Ho potuto visionare le produzioni artistiche in prosa e poesia, di quanti partecipando al premio, hanno riversato sul foglio suggestioni, esperienze, stati d’animo personali.
Confessioni segrete alternate a descrizioni enfatiche e attente del tempo che passa, letture della vita anacronistiche e non, perché, in fondo, nessuno riesce davvero a cogliere l’attimo che sfugge dalle dita.
Sono solo alcuni esempi di ciò che, insieme ad altri colleghi, scrupolosamente, ho dovuto leggere, rileggere, sentire, percepire, amare.
Rapportarmi a tali produzioni ha suscitato in me un florilegio di emozioni, tali da far “tremare i polsi e le vene”.
Ogni lavoro, infatti, mi ha fatto sentire vicina a chi, con pudore o con ardore, si è dis-velato, si è messo a nudo per raccontare, in modo personale ed autentico, il proprio mondo e il proprio vissuto che, tramutato in parole poetiche, è diventato l’universo di tutti.
In un periodo storico in cui, secondo i più, siamo totalmente alla deriva, è stato davvero interessante fonte di arricchimento essere parte attiva di questo “cenacolo” dal comune sentire.
Fa ben sperare una tale ricchezza di componimenti e un’altrettanta vivacità culturale e lessicale, peraltro non ristretta ad ambito locale.
Se è vero, infatti, che chi scrive si dà all’altro, è altrettanto vero che anche l’altro entra in comunione intima e spirituale con chi scrive, in una sorta di foscoliana comunanza di “amorosi sensi”.
E allora pensi, rifletti, immagini, cogli sfumature nascoste che forse l’autore non voleva neppure fossero evidenziate, ma che ha lasciato lì, come una traccia accessibile a pochi. Tuttavia è indelebile, una volta messa nero su bianco e, inevitabilmente, sconfina, rompe gli argini e coinvolge tutti.
Ciò che è eterno nella poesia, ciò che è universale, è la capacità di esprimere l’infinita ricchezza dei sentimenti che appartengono al genere umano, al di là e al di sopra delle divisioni di tempo, luogo, costume, nazionalità: e la poesia è quanto di più nostro, di umano, esista nel mondo.
Già Cicerone nel “Pro Archia” affermava che il poeta “ci offre uno spazio in cui l’uomo possa risollevarsi da questo frastuono del foro e le orecchie, stanche per il continuo vocio, possano riposarsi ritenendo la parola non come puro diletto dell’animo, ma come sollievo dalla routine quotidiana, come una sorta di innalzamento dell’uomo dalla sfera dell’ovvio e del normale, a quella della vita dello spirito”.
In questo splendido viaggio, che mi ha messo in comunicazione empatica con i tanti partecipanti al concorso “Vitulivaria”, ho avuto la fortuna di affiancare colleghi altamente qualificati e disponibili, professionisti al top, con i quali sono subito entrata in sintonia e i cui pareri, nella quasi totalità delle valutazioni, sono risultati concordi e, soprattutto, imparziali.
Un percorso che ha “la musica nel cuore” e il profumo del mare ma che racchiude anche gli affetti, le sofferenze, le gioie di ciascuno di noi.
“Tenere”, in particolare, le produzioni dei tanti giovani studenti, il che fa sperare che domani ci si possa accompagnare con la “meglio gioventù”.
Un abbraccio, dunque all’organizzatrice del concorso, ai miei splendidi giurati e ai partecipanti, tutti altamente meritevoli; auguro a ciascuno un cammino sempre “in fieri” verso la realizzazione dei propri sogni ed aspirazioni all’insegna della poesia.
Al piacere di incontrare “de visu” almeno una parte di essi a Novoli, la sera della premiazione, per dare magari anche un volto alle emozioni.
Clelia Ancora
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