Seguirò la strada
per altro tempo ancora
questa mulattiera cieca
su per la maestra
che forse ho superato
ignorandone il destino.
Seguirò una strada.
L’altra l’ho già persa.
Esausta giungerò
alla cima del tratturo
e scioglierò la spalla
da inutili zavorre .
Appenderò i miei stracci ai rami secchi
e i sandali fangosi giù per il dirupo.
E se avrò sete berrò
l’ultima goccia di rugiada
la ruberò alla coccinella del mattino
per sentirmi veramente ladra.
Cercherò nel dedalo d’arbusti
i fiori che sfogliavo da bambina
amore o non amore non importa,
soffierò negli ultimi fili d’erba
che ancora mi daranno un fischio
per un ultimo suono d’innocenza.
Nuda mi sdraierò
sui rovi e mescerò il mio sangue
al succo delle more
e ne berrò estasiata.
Mi sporcherò le mani d’escrementi
e farò gargarismi di palude
per sentire l’amaro fino in fondo
fino al viscerale precipizio.
Io sarò spoglia e altri si vestiranno
di toghe lucidate di sete e di damaschi
tirati dagli armadi all’occorrenza.
Saccheggeranno quello che rimane
d’ogni viaggio.
Una strada vuota già battuta
che attende ad ogni turno
il prossimo passaggio.
Pina Petracca
Finalista Sezione B
VI classificato
Versi liberi che esprimono il fluire del pensiero e mettono in luce il desiderio che si vuole affrancare, da ogni sovrastruttura, da ogni mero e ridondante ricorso a quell’apparire, fatuo e vacuo di “toghe lucidate di sete e di damaschi”; tanto una strada vuota, già battuta da altri viandanti, attende il prossimo passaggio. L’autrice, alla fine del cammino da percorrere, sa che per ritrovarsi come creatura dovrà solo liberarsi degli “stracci” e di ogni cosa superflua e tornare al tempo dell’innocenza dorata per ritrovare il suono della vita: “soffiare negli ultimi fili d’erba” oppure suggere la “rugiada del mattino” rubandola a una coccinella. Si approda a una panteistica identificazione con il tutto che conduce fino al “viscerale precipizio”dell’universale coscienza.[ M.R.Teni]