Passeggera
nel treno solitario della memoria
ripercorrevo strade e sentieri
contromano
mentre l’odore antico della quercia
sferzava il volto
e insieme il mio ricordo.
Quanti viaggi
senza contare il tempo
che cicatrici ancora ho tra le dita
e il desiderio dell’anima ribelle
che si bruciava al sole di settembre.
Nuda viandante senza partire mai,
forestiera mi son sempre sentita
mentre ballavo la pizzica di piazza
o recitavo i salmi nelle chiese
stringendo l’urlo che dilaniava il petto
tra il melograno e la gramigna folta.
E ne ho mangiato pane della mia terra amata,
ho calpestato vigne bevendone il suo sangue,
ma ora torno a casa,
un girasole stanco che a sera china il capo,
un daino spaventato che fugge ad un fruscio,
un’aquila che plana senza trovar dimora.
Eppure sono a casa
esule senza patria, stretta alle mie radici.
Maria Teresa Infante
Finalista Sezione B
IV classificato

ph mrt
In versi dalla tessitura lirica caratterizzata da immagini intense e da una musicalità intrinseca, l’autrice disvela l’imperioso desiderio dell’anima, un tempo insofferente alla realtà angusta e opprimente di un paese che non sentiva suo:“forestiera mi son sempre sentita” a ritrovare serenità tornando alle sue radici. Il “treno solitario”, che ripercorre il sentiero della memoria, è metafora dell’anima che è sempre in viaggio pur senza partire mai. La chiusa “esule senza patria” e pur “stretta alle mie radici” ne esprime l’angoscia esistenziale.[ M.R.Teni]