” Le ragioni di un Premio” di Maria Rosaria Teni


Un premio letterario, come tanti oggi, si connota soprattutto per l’aspetto intrinsecamente simbolico. Perché dunque nasce il Premio letterario “Vitulivaria”, dedicato alla memoria di Gerardo Teni? Molti si chiederanno il motivo e altri, spinti da legittima curiosità, si domanderanno chi sia questo signore che si accompagna ad un concorso che ha superato ormai tre edizioni e si appresta a vivere la quarta. Vorrei potervi spiegare, eludendo per un momento la voce del cuore, chi e cosa rappresenti per me questa persona; un uomo forte, onesto, sensibile, dotato di una rara nobiltà d’animo e sempre pronto ad offrire aiuto e conforto in ogni occasione. A questo si aggiunga la particolare capacità di essere un ottimo padre, esemplare, come pochi.

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Aveva un amore sviscerato e profondo per la sua terra natia e, nonostante sia vissuto in Lombardia per diversi anni, mi raccontava di sognare sovente le stradine del suo paese, diventate più belle e soleggiate in virtù del potere immaginifico del ricordo. Da piccola, mi narrava le tradizioni della piccola comunità del suo Salento e impreziosiva il racconto con l’accenno di alcune melodie d’opera che sussurrava sottovoce quasi a mo’ di nenia. Le campagne addobbate a festa a primavera, cariche di alberi contorti dalle forme umane che scorrevano nei suoi occhi nostalgici e la profondità del suo mare cristallino che lambiva con gli occhi dell’anima. Il nome del Premio “Vitulivaria”, tra l’altro, deve il suo nome agli elementi che caratterizzano il tacco salentino decisamente sui generis sia per le caratteristiche morfologiche che per quelle antropologiche. Coccolata dal vento e impreziosita da ulivi secolari, generosa e nello stesso tempo amara per essere stata a lungo sottoposta ad attacchi di popoli diversi, operosa ma anche impoverita da emigrazioni massicce verso un lavoro “garantito e sicuro”, la terra salentina ha vissuto una sua storia, parallelamente alla storia dell’Italia, ma sicuramente non ha perso la propria dignità e onestà, elementi distintivi della gente che vive in questo luogo, appassionata di vita, desiderosa di pace e, nello stesso tempo, inquieta come il vento che spira sui due mari. Terra con una caratteristica privilegiata resta il Salento, un territorio di frontiera e di transito, crocevia di Oriente ed Europa, luogo di traffici culturali e commerci ma anche luogo essenzialmente poetico, di quiete, di luce, di malinconia, di memoria, di “vigne di uve nere” e di “ulivi nel vento”, di torri, di chiese e di ninfee. Un Salento che si racconta con gli occhi, che parla di sé e del suo passato; che non è una città ma una costellazione di piccoli mondi pullulanti di vita e di storia, che dopo secoli di oblio e di silenzio escono dal loro torpore.

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Tutto questo aveva nel pensiero mio padre che, nelle sue narrazioni, mi ha fatto amare una terra difficile, in cui non mi sentivo radicata per il mio essere cresciuta fuori, dove tutto era più snello, dove il “vivere quotidiano” era impostato su parametri più dinamici e scorrevoli, dove era possibile confondersi tra mille altri uomini e non ritrovarsi in nessuno. Tutto il suo pensiero, dopo la sua perdita, è trasfuso in me e mi ritrovo, oggi, a ripercorrere le stradine dei suoi racconti inebriate dai profumi dei fiori d’arancio, abbagliate dal sole carico di vita delle torride estati sonnolente, dove tutto tace e si nutre del silenzio dei ricordi. È questo che ho inteso evidenziare nell’intitolazione del Premio: il desiderio di eternare un grande uomo, simbolo di attaccamento profondo verso una terra che lo ha generato e che mi ha insegnato a rispettare e amare.

Maria Rosaria Teni

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