“Crestomazia più che Antologia” di Antonio Teni


Il Premio letterario “Vitulivaria – memorial Gerardo Teni”, giunto alla 7^ edizione, rappresenta il riconoscimento di una febbrile quanto indefessa volontà di promuovere la poesia e, più in generale la letteratura, quale nobile attività dell’umano sentire, nell’ambito della tradizione letteraria nostrana, che si apre alle istanze e ai nuovi modelli culturali del XXI secolo.

COPERTINA ANTOLOGIA AA.VV.

Il titolo del premio rimanda alla specificità di un territorio, il Salento, che possiede millenaria memoria di culture differenti, sedimentatesi nel corso delle varie epoche. Tanti gli autori che hanno partecipato al concorso: poeti e narratori provenienti da ogni parte d’Italia. Alcuni già affermati e altri meno noti ma certamente talentuosi. La novità di quest’ultima edizione, che ha visto tra l’altro la partecipazione di tante giovani promesse, è stata l’attenzione riservata alle sillogi poetiche, tutte di notevole pregio, sia dal punto meramente stilistico e formale sia in relazione alla profondità dei temi trattati e dei motivi ispiratori. Poesie e raccolte poetiche, come anche i racconti, si caratterizzano dunque per stili e tematiche distinte; ciascuna di essi con un proprio originale linguaggio, forma e impianto costruttivo, in un contrasto dinamico tra innovazione e tradizione, in una babele di linguaggi discordi. La sensibilità storica, come puntualmente accade, muta e di conseguenza l’unità culturale poetica o artistica che sia, si frange in una miriade di esperienze teoriche ed estetiche, di movimenti e correnti, i più disparati, che navigano nel mare degli-ismi. Di là dalla specifica collocazione geografica o momento storico, non di meno permane un carattere distintivo che si fissa nel tempo. Il denominatore comune resta sempre quello dell’introspezione profonda e delle domande che l’artista, il letterato e l’uomo in generale pongono individualmente alla natura e al senso dell’esistenza nel mondo, alla ricerca di una immortalità e di un infinito cui aspirare. La poesia (e certamente ogni forma artistica) ha in sé un’eco della creazione ed è pertanto intimamente connessa alla vita nel suo continuo attualizzarsi come impegno più o meno consapevole di fronte alle incertezze del presente e alle sue esigenze. È questo, in ultima analisi, il leit motiv di ogni linguaggio dell’anima che vuol travalicare il contingente e il relativismo oggi imperante. L’esigenza di aspirare a definizioni assolute non può tuttavia prescindere dalla memoria culturale, che rimane viva come prezioso baluardo di umanità. Parafrasando lo scrittore inglese Aidan Chambers, non è azzardato sostenere che lo scrivere versi e raccontare storie è un modo per “creare e ricreare noi stessi”. Non sono tanto gli eventi a cambiarci e a formarci, ma le storie che raccontiamo di quelle esperienze. Con l’atto del poetare, e più in generale con la scrittura intesa nella sua interezza, si effonde il sé più intimo, nascosto all’indagine dei sensi; quel sé che si sostanzia nel farsi esperienza tangibile di vita. Sublime aspirazione del sé “circoscritto” è dunque l’abitare in non-luoghi dell’eterno che è in noi e vibra in qualunque orizzonte fisico o dell’umano pensiero; il desiderio irrefrenabile di dilatarsi in un infinito. Ridefinire dunque il senso del vivere di là dall’eterno apparire delle cose è come bruciare sul rogo la bellezza del mondo per riconoscere l’anima del vero. La Bellezza – ed è questo il tema precipuo della settima edizione del Premio Vitulivaria- intesa nell’accezione più ampia del termine, rimanda al concetto di verità, nell’intuizione poetica e supremamente filosofica di John Keats nella sua “Ode su un’urna greca” del 1819. La chiusa della 5^ strofa ne riassume in modo emblematico la potente concezione etica ed estetica: “Bellezza è verità, verità è bellezza. Questo solo sulla terra sapete, ed è quanto basta”. Una “verità” che, secondo il pensiero del critico letterario Walter Binni “a volerla illuminatamente esprimere è necessario avanti tutto possederla”. Come possederla, la verità, e soprattutto come poterne realizzare l’attuazione? La ricerca del Sacro Graal della bellezza è stata in ogni tempo e in ogni luogo il mirabile tentativo dell’uomo, di ogni uomo, di giungere a tale scopo: ne è stata praticamente la ragione di vita. Come ogni attività che si rispetti, però, la ricerca della bellezza possiede in sé oltre che un antefatto edonistico anche un risvolto puramente didattico. Conoscere per imparare e imparare per conoscere si rincorrono nel ciclo continuo dell’esistenza. Imparare, in ultima analisi, a sentire, percepire e respirare la bellezza del mondo! E chiunque pensi che l’istituzione di un premio letterario e la pubblicazione successiva di un’antologia delle opere e degli autori ad esso partecipanti, sia opera meritevole di elogio, ma in un certo senso non di grande importanza, in una società secolarizzata e di tendenze tecnocratiche come la nostra, si accorgerà, leggendo versi e racconti inseriti nell’antologia, quale materia incandescente, fatta di un’umanità ricca di emozioni, sentimenti, desideri, sogni, illusioni e disincanti cadute e rinascite sia ivi rappresentata.  Un’umanità condivisa da ogni individuo e nella quale il lettore potrà trovare insegnamenti e valori universali. Ed è per questa ragione che è doveroso valorizzare il lavoro certosino e capillare, che dura ormai da oltre un decennio, di promozione della cultura ad ogni livello, come poeta, critico letterario, acuta saggista, nonché presidente dell’associazione culturale “Viva Mente” e fondatrice del Premio e della rivista culturale online “Cultura Oltre”, di Maria Rosaria Teni.
382720153_606991788315913_1089272089058764627_nProprio in seguito a tali motivi, con cognizione di causa, mi pare sia più pertinente ridefinire l’antologia “Tra orizzonti di bellezza” come “Crestomazia”, tenendo presente l’etimologia del termine che deriva dal greco “Chrestomátheia”, composto di (chrestós) ovvero “utile” e di (mantháno) che significa “io apprendo”. Non è più dunque un semplice sinonimo di antologia, che trasmette il concetto di una raccolta di brani e che si connota secondo l’idea di “più bello”, ma lo trascende poiché implica anche il senso di utilità e, pertanto, di “insegnamento”. Tale precisazione rimanda all’analoga scelta del sommo Leopardi, che pubblicò nel 1827 e nel 1828, rispettivamente “La crestomazia italiana de’ prosatori” e “La crestomazia italiana de’ poeti”. Nell’introduzione alla prima di queste egli, rivolgendosi ai lettori, spiega le ragioni della scelta del titolo, in luogo di antologia, rimarcandone le differenze rispetto a quest’ultima dal punto di vista della vocazione didattica, che si traduce nell’inserimento di brani corredati di commenti e schede biografiche. In sostanza, una raccolta poetica che dilettasse e, allo stesso tempo, giovasse al lettore in modo che: “La bellezza del dire non fosse scompagnata dalla importanza dei pensieri e delle cose”. Teniamo sempre presente che un libro, prima ancora che un florilegio di liriche o racconti, è un oggetto fisico che apriamo, sfogliamo e leggiamo. Una temperie di emozioni, pensieri, sentimenti e considerazioni filosofiche. È una sorta di vestibolo che, dalla dimensione del reale conduce al non detto e si apre al possibile. E l’indugiare sulla soglia della possibilità è un’esigenza del nostro essere individui pluridimensionali la cui coscienza si sdoppia negli ossimori dell’esistenza.

Antonio Teni
Poeta e scrittore – Giuria Premio Vitulivaria

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Informazioni su premio letterario vitulivaria - memorial Gerardo Teni

La poesia è in noi.. Una dimostrazione di questo è il Premio “Vitulivaria”, dedicato alla memoria di mio padre Gerardo e al suo amore per la terra natìa. Il Premio “Vitulivaria” è un concorso letterario che lentamente si sta consolidando e sta conquistando un respiro nazionale tale da determinare un sempre maggior numero di partecipanti. Il Premio deve il suo nome agli elementi che caratterizzano il tacco salentino, decisamente sui generis sia per le caratteristiche morfologiche che per quelle antropologiche. Accarezzata dal vento e impreziosita da ulivi secolari, generosa e nello stesso tempo amara per essere stata a lungo sottoposta ad attacchi di popoli diversi, operosa ma anche impoverita da emigrazioni massicce verso un lavoro “garantito e sicuro”, la terra salentina ha vissuto una sua storia, parallelamente alla storia dell’Italia, ma sicuramente non ha perso la propria dignità e onestà, elementi distintivi della gente che vive in questo luogo, inebriata di vita, desiderosa di pace e, nello stesso tempo, inquieta come il vento che spira sui due mari. Terra con una connotazione privilegiata resta il Salento, un territorio di frontiera e di transito, crocevia di Oriente ed Europa, luogo di traffici culturali e commerci ma anche luogo essenzialmente poetico, di silenzio, di luce, di malinconia, di memoria, di “vigne di uve nere” e di “ulivi nel vento”, di torri, di chiese e di ninfee. Un Salento che si racconta con gli occhi, che parla di sé e del suo passato; che non è una città ma una costellazione di piccoli mondi pullulanti di vita e di storia, che dopo secoli di oblio e di silenzio escono dal loro torpore. La decisione di intitolare il Premio alla memoria di Gerardo Teni scaturisce da una duplice motivazione: il suo sentirsi "radicato" nel territorio salentino, al pari degli alberi d'ulivo che hanno secolari radici di tradizione ancestrale e la sua passione per la scrittura. Mio padre spesso mi raccontava del suo passato, dell'infanzia vissuta nel periodo della seconda grande guerra e mi ripeteva che gli sarebbe tanto piaciuto che io scrivessi un racconto sulla sua vita, sui mille avvenimenti interni ed esterni ad un'esistenza trascorsa tra momenti di dolore collettivo e individuale. Non ho ancora trasferito in pagine di storia la sua vita e la vita di tanti uomini che hanno vissuto momenti drammatici, ma almeno saprò ricordarlo nelle storie e nei versi di tanti valorosi amici di penna che vorranno portare avanti il premio "Vitulivaria".

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